L’ANNUNCIO arriva alla vigilia delle primarie per la scelta dei parlamentari. E conoscendo il personaggio, è difficile pensare a una casualità. Giorgio Del Ghingaro ha deciso in maniera definitiva e irrevocabile: lascia il Pd e guarda oltre. E l’addio ufficiale lo dà con questa intervista al nostro giornale. Nella quale si toglie altri sassolini dalle scarpe.
Sindaco, allora è rottura finale con il Pd. Ma non mi sembra così dispiaciuto…
Ero un uomo libero, e torno ad esserlo. Ho iniziato a fare il sindaco nel 2004 e non ero iscritto a nessun partito, anche se mi riconoscevo e mi riconosco tutt’ora nell’area di centrosinistra. Ho creduto molto nel Pd, mi sono impegnato in prima persona, ma oggi, dopo tutte le vicissitudini in cui sono incorso, non ci sono più le condizioni di una mia permanenza gradita».
Pare difficile però pensare a Del Ghingaro non più in politica…
«Non essere iscritto a un partito, non significa non fare politica.
A Capannori siamo forti di un consenso che non va disperso, e farò in modo che non accada: mi riferisco a un gruppo di persone con cui abbiamo lavorato, accomunate da ideali e valori forti. Ma c’è un altro elemento fondamentale: la riconoscibilità di Capannori a livello nazionale. Abbiamo creato un’esperienza che è considerata positiva e vincente, con iniziative e inviti in giro per l’Italia a parlare di tante cose, dai rifiuti alla partecipazione. Se abbiamo questo consenso che non è solo locale, dobbiamo impegnarci per mantenerlo».
Sembra quasi un discorso alla Monti: dica la verità, è tentato dalla discesa in campo del premier? E visto l’addio al Pd, in vista delle elezioni amministrative di Capannori nel 2014 fonderà una lista civica?
«Guardi, avendo meno vincoli sono senz’altro molto più ricettivo. Non esistono più schieramenti ideologici destra, sinistra e centro. Se non si capisce, rimaniamo ancorati a vecchi schemi arrugginiti. Io continuerò a lavorare con tante persone. Per le elezioni nel mio Comune, sarà importante che il candidato sindaco abbia un proprio appeal personale in grado di attrarre una percentuale di voti fuori dai partiti che si aggira intorno al 7-10 per cento. Chiunque sia, lo aiuterò a vincere di nuovo a Capannori. Mi auguro che la designazione avvenga attraverso le primarie. Anzi, deve essere così».
Cos’è che le brucia di più nel voltare pagina?
«In questi ultimi due anni mi sono reso conto di come una certa politica sia distante anni luce dai veri problemi dei cittadini, le amministrazioni comunali e la politica nazionale parlano due linguaggi diversi. Io non mi voglio omologare a questa modalità sbagliata di gestire la politica con la p maiuscola: basta con la ricerca ossessiva di un posto per sé, perché così si fa venire meno la ricerca di un posto per tutti, e cioè per la comunità».
Effettivamente, rispetto a Lucca, Capannori appare più intraprendente.
«Abbiamo avuto il coraggio di fare scelte, a volte giuste a volte sbagliate, ma le abbiamo fatte. E io mi sono sempre assunto le responsabilità delle scelte fatte in questi anni: questo dinamismo territoriale alla fine ci è stato riconosciuto».
A proposito di Lucca, non sembrano proprio idilliaci i suoi rapporti con il sindaco Tambellini. Lei è presidente della conferenza dei sindaci dell’Asl, e non è stato invitato al consiglio comunale convocato per discutere del futuro del Campo di Marte.
«E’ vero. Non sono stato invitato dal Comune di Lucca».
E cosa avrebbe detto se l’avessero chiamata?
«La prima cosa che c’è da dire è che il Campo di Marte è di proprietà dell’Asl. Su quell’immobile è stato fatto un accordo nel 2005, che prevede una parziale alienazione e un conseguente ricavato pari ad almeno 23 milioni di euro, che deve essere reinvestito nel nuovo ospedale. E’ giusto che lo decida il Comune di Lucca cosa fare del Campo di Marte, modificando gli strumenti urbanistici, se farlo rimanere interamente pubblico o no».
Tutto qui?
«Se fossi stato invitato al consiglio comunale avrei aggiunto anche che questo dibattito è purtroppo in ritardo, perché a Lucca si sono persi almeno 5 anni a discutere della non esistenza di un nuovo ospedale, piuttosto che discutere su cosa fare quando questo nuovo ospedale di San Filippo sarà attivo. Questo ritardo creerà tanti problemi: io mi preoccuperei molto del fatto che mentre gli altri territori si sono attivati per avere strutture intermedie, il Comune di Lucca nulla ha fatto in tal senso. E’ vero che avrà un nuovo ospedale, ma è anche vero che non avrà a breve strutture intermedie. E un nuovo ospedale senza strutture sanitarie territoriali rischia di essere un’opera incompleta. Insomma, rischia di diventare un casino».
Torniamo a Tambellini. Che giudizio dà su questi primi mesi del suo collega?
«Dopo anni di immobilismo, è difficile rimettere in fila le cose e concretizzarle. La nostra amministrazione ha dato ampia disponibilità di collaborazione all’attuale giunta lucchese su tutti i temi comprensoriali. La disponibilità rimane e mi auguro, dopo un corretto periodo di assestamento e di rodaggio, che venga accolta e si possa lavorare insieme sulle grandi tematiche che riguardano i nostri territori».
Eppure Capannori potrebbe scippare il nuovo palasport a Lucca…
«Non credo che questo metta in difficoltà i rapporti: se noi sfruttiamo quella che può essere un’opportunità, un palasport a disposizione della comunità, ciò non vuole dire mettersi in contrapposizione con altri territori. Pensi che alla giunta Tambellini avevo proposto di lavorare insieme ad un piano strutturale coordinato, perchè i due Comuni si intrecciano, ed è assurdo avere regole diverse».
Torniamo al futuro di Del Ghingaro. Quale sarà?
«Mi vedo seduto alla mia scrivania ad occuparmi a tempo pieno delle mie aziende clienti. E con più tempo per andare a giocare a golf e occuparmi della mia famiglia».
Intanto questo è un fine settimana di primarie…
«Vero. Può darsi che vada a votare a quelle di Sel per l’unico capannorese in lizza, Eugenio Baronti. Del resto non sono più del Pd».
Insisto: è difficile immaginare che lei non voglia più essere un protagonista della scena politica…
«E chi l’ha detto? Voglio uscire dalla palude locale. E questo è il momento di farlo: è clamoroso che un partito come il Pd non abbia voluto valorizzare le cose fatte a Capannori ma, anzi, le abbia penalizzate…».