La mia generazione si è formata politicamente con il pci e la dc. Eravamo su due fronti opposti, scontri durissimi, una grande balena bianca e tanti straordinari pesciolini rossi.
Io son cresciuto a pane e Belinguer, in una scalcinata sezione paesana dove ci si ritrovava la sera, dentro il fumo di sigari, pipe e sigarette, a parlare di come cambiare il mondo e garantire a tutti un’esistenza dignitosa. I più grandi ci zittivano ogni volta che si provava a dire la nostra. ” Leggete, studiate, e quando aprite bocca pensate prima a quel che volete dire”. Era una formazione ruspante ma dura, che t’insegnava il metoto, la dedizione, l’approfondimento, a non fare le cose a caso, a non parlare di politica a sproposito.
Avevamo diversi miti, ma quello più lucido e serio, quello più intelligente ed elegante era Enrico ( lo chiamavamo cosí, come fosse un amico del bar). Lui mi ha insegnato il comportamento politico corretto, onesto e rispettoso delle istituzioni. E le cose che impari nella gioventû a forza di rimbrotti e di vaffa, non le dimentichi più. Approfondire, studiare, applicarsi con costanza e determinazione, è cosí che ti dovevi presentare alle porte della politica, l’approssimazione e la superficialità non erano tollerate.
Quando Enrico ci lasciò, nel mezzo a quel comizio, oltre allo sconforto, regalò a tanti di noi uno straordinario pezzetto di vita e di sentimento e un grande indimenticabile insegnamento su come comportarsi in politica.
A trent’anni dalla sua scomparsa mi sembra giusto rinnovare come sempre il mio pensiero e la mia emozione

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