Caro direttore,
ho apprezzato le parole con cui domenica ha sottolineato il bisogno di un volto più umano nella sanità. Un tema che mi sta particolarmente a cuore. Una sanità migliore deve essere certo più efficiente nella cura ma anche più attenta agli aspetti umani. In Toscana abbiamo fatto passi avanti sul primo punto, adesso dobbiamo accelerare anche sul secondo aspetto.
Sono talmente convito di questo al punto di aver posto questo obiettivo alla base del Piano sanitario regionale. Quando lo abbiamo costruito abbiamo proposto a migliaia di cittadini toscani di esprimere le loro esigenze e le loro attese. Ci hanno risposto chiedendo soprattutto più attenzione alle persone e un rinnovato rapporto professionista-paziente basato sulla informazione, la comunicazione, la responsabilità.
Sono contento che lei abbia parlato di “indicatori”. Per rendersi conto dell’aria che tira e per avere il polso della situazione anche per noi le lettere dei cittadini sono uno strumento utile, ma solo in modo parziale.
Per questo abbiamo deciso di compiere un passo in più, di dotarci di indicatori più complessi e sistematici, con i quali misurare non soltanto l’efficienza delle nostre Aziende o la tenuta dei loro bilanci (anche in questo c’è un’etica civile) ma sempre di più gli aspetti di qualità legati all’umanizzazione. Ai risultati di questo monitoraggio abbiamo legato la valutazione delle Aziende, dei loro direttori generali (e quindi parte del loro stipendio) e anche dei reparti di medicina e chirurgia.
Così nel 2008 abbiamo telefonato a casa a 16mila pazienti che erano stati ricoverati in 35 ospedali. A loro abbiamo chiesto: “I medici o gli infermieri parlavano tra loro davanti a lei come se lei non ci fosse? Hanno rispettato la riservatezza? Hanno fatto il possibile per controllare il suo dolore? “ Ebbene il 93-95% delle persone ha risposto riconoscendo un comportamento corretto da parte degli operatori. Al Pronto soccorso siamo stati ancora più diretti e abbiamo chiesto: “Ha avuto la sensazione di non essere considerato come una persona?“ Il 90% dei pazienti ha risposto che non è mai accaduto. Nei nostri 40 pronto soccorso nel 2009 abbiamo contato 1.600.000 accessi.
Certo si può e si deve far meglio, per ridurre ancora quella percentuale di insoddisfatti. Lo stiamo facendo, e così in tema di comfort e di accoglienza al pronto soccorso, dal 2007 al 2009 abbiamo quasi dimezzato la percentuale degli utenti insoddisfatti, che sono passati dal 19 al 10%. Mentre le persone del tutto o molto soddisfatte salgono dal 56 al 64 per cento.
L’ultima iniziativa è stata l’attivazione di un call center oncologico (numero verde 800880101), con un gruppo di operatori che aiutano i pazienti sotto il profilo psicologico, ma anche a informarsi meglio e organizzare in maniera più semplice il percorso di cura. Nei primi due mesi di attività ha ricevuto 525 chiamate, di queste 382 richieste di aiuto nelle pratiche sanitarie e già risolte 347.
Tutto questo non potrà mai mettere in salvo la medicina e la sanità, che sono attività umane tra le più complesse, da errori, zone d’ombra, incertezze. Ma per ridurre questo rischio si può fare solo come stiamo facendo: promuovere la formazione continua e una cultura della trasparenza che faccia discutere gli operatori sugli eventuali errori, per correggerli, evitarli per il futuro e migliorare così i servizi. Quando accadono casi difficili o sospetti, io stesso sono il primo a non sfuggire alla responsabilità di portare alla luce rapidamente quanto accaduto. Non ci aiuta, invece, parlare genericamente di malasanità, inducendo sfiducia tra i cittadini e ricorrendo a generalizzazione sbagliate. Ogni giorno i nostri operatori prendono in carico centinaia di migliaia di persone e, nella stragrande maggioranza dei casi, lo fanno con cura, perchè, come dice in un suo libro un grande medico, Atul Gawande, vanno al lavoro ogni giorno decisi a fare meglio.
ENRICO ROSSI