«Sarà il lavoro il problema numero uno che intendo affrontare. Nel mio giro per la Toscana ho visto aziende sull’orlo della chiusura e ho ascoltato il grido di lavoratori senza lavoro, senza futuro e con salari tagliati. Uno mi ha detto: “Sono come morto”».
Il primo pensiero di Enrico Rossi, 52 anni, pisano, ex assessore alla sanità, appena eletto presidente della Regione (è il settimo nella storia regionale), è al mondo del lavoro. Imprese e lavoratori.
Appena arrivato a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della Regione Toscana, Rossi è salito fra gli applausi insieme al presidente uscente Claudio Martini sul palco dove si stava tenendo la maratona elettorale. A questo punto Martini si è sfilato la sua cravatta azzurra con pallini celesti e l’ha fatta indossare a Rossi. Si è consumata così, nel segno di una cravatta, la fine dell’èra Martini, durata dieci anni, ed è iniziata quella di Rossi. Che ha aggiunto: «Mi impegnerò, nel modo più assoluto, per essere il presidente di tutti i toscani, di qualsiasi colore e di qualsiasi opinione».
Soddisfatto?
«Molto. Mi pare sia un risultato che spicca nel panorama nazionale. Su questo voto, poi, ha pesato senza dubbio anche quello che di buono è stato fatto in questi anni. C’è stato un conferimento di fiducia importante verso di me e verso la coalizione. Credo che sia stato pagato il nostro lavoro. Oggi è difficile dare dignità alla politica: credo che la serietà delle nostre proposte abbia dato ai toscani una opportunità che mi pare sia stata colta anche al di là degli schieramenti».
Però Martini senza Rifondazione prese il 57%.
«Sì, d’accordo, ma allora eravamo nel 2005. In cinque anni il quadro politico è molto cambiato in Italia e in Toscana. Basti dire che alle politiche del 2008 il centrosinistra nella nostra regione ha perso dieci punti percentuali rispetto alle regionali di tre anni prima».
I suoi primi tre atti da presidente?
«Regaleremo i materassi a tutti i detenuti toscani perché vi passano la maggior parte della giornata».
La Faenzi ha ribattuto: “Rossi, pensi alle condizioni economiche degli agenti di custodia”.
«Dobbiamo pensare agli uni e agli altri. Regalare un materasso è un piccolo segno di civiltà. La destra è tanto garantista quando si tratta dei potenti, ma difronte a dei povericristi sbattuti in galera è forcaiola. Noi siamo per la severità delle pene ma anche per dare a chi ha sbagliato una possibilità di riscatto».
Secondo atto in agenda?
«La questione del credito. Per molte aziende toscane c’è il problema che sui dati del 2009 rischiano di non ottenere più crediti dalle banche. Se ciò dovesse accadere è la morte per molte aziende. La Regione intende porre questo come un impegno prioritario. Salvare le imprese significa tutelare la manodopera che ci lavora e salvaguardare così il potere d’acquisto di molte famiglie toscane».
Terzo?
«Organizzerò subito gli stati generali sulla scuola dell’obbligo. Mentre la destra sta distruggendo la scuola pubblica di qualità noi siamo impegnati a salvarla. Difendere la scuola pubblica significa tutelare la formazione e la capacità di essere competitivi. Mi hanno molto colpito le parole di un artigiano di Prato: “Aiutateci a stare dentro la competizione”. Il sapere serve anche a questo: ad innovare e ad essere competitivi».
Lei è soddisfatto per il suo risultato e quello della coalizione. Però l’astensione è cresciuta del dieci per cento. Non la preoccupa che quattro toscani su dieci non siano andati a votare?
«Certo che mi preoccupa. L’assenteismo è frutto dell’antipolitica. La gente è stufa di vedere i politici che si azzuffanno. Vuole dai partiti un impegno serio. E comunque a forza di dare addosso alla politica, ecco i risultati…».
Magari chi critica la politica lo fa in nome della buona politica, non crede?
«Io penso che occorra intervenire con almeno tre proposte. La prima è il riallineamento delle elezioni comunali e provinciali con quelle regionali. La seconda riguarda i lavoratori fuori sede. In una società mobile come la nostra dobbiamo consentire a chi sta fuori della propria città per ragioni di lavoro e di studio di poter tornare a votare. Si è dato il voto agli emigrati e non lo si concede ai fuorisede?».
Terza proposta?
«Come ho già anticipato in campagna elettorale occorre tornare al voto di preferenza. Io sono per una preferenza sola. L’attuale sistema delle liste bloccate ha dimostrato di non funzionare».
L’Idv ha avuto un grande successo e la Federazione dei Comunisti saranno decisivi per la maggioranza. Non teme che l’azione di governo ne risentirà?
«No, perché quando abbiamo costituito la coalizione ci siamo dati un programma chiaro ed è stato affidato a me il compito di dirimere eventuali questioni spinose. I patti sono chiari e sono sicuro che tutti li rispetteranno».
Cosa dice a Monica Faenzi, la sua principale sfidante?
«A lei e a Francesco Bosi dell’Udc chiedo che rinuncino al seggio parlamentare e restino in consiglio regionale a fare opposizione. Abbiamo bisogno di figure come le loro».
A chi dedica la vittoria elettorale?
«A mio figlio Cesare, 21 anni, studente universitario».
Perché?
«Crede in me».

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