Il tirreno

MARIO LANCISI

In piazza Santa Maria Novella, a Firenze, le donne con il mestolo picchiano duro sulla padella in cui è raffigurato Berlusconi con la scritta «Ci hai rotto i c…» e il corteo della Cgil applaude, sorride. Lo sciopero del mestolo e della padella. Delle donne indignate. Dei dipendenti pubblici che non ci stanno ad essere rappresentati come fannulloni. Dei giovani in cerca di lavoro e di futuro. Degli operai con buste paga sempre più da elemosina. Con gli occhi del vicino di casa che scruta il fiume di persone in sciopero e chissà a cosa pensa, in questa Italia sull’orlo del baratro economico.
Toscana: 150mila. Siamo a Firenze, ventimila uomini e donne, che dicono no alla manovra, no a Berlusconi, no a vent’anni di un Paese che ormai in molti faticano a riconoscere come il proprio. Esiliati in casa. Firenze chiama la Toscana. Duemila e cinquecento a Massa, quattromila a Siena, poi Pisa, Grosseto, a Livorno con i fischi al sindaco Alessandro Cosimi (vedi articolo a parte). Alessio Gramolati, il segretario regionale della Cgil, azzarda un numero: ieri, in Toscana, avrebbero scioperato circa 150mila lavoratori. Poi aggiunge: «Ma al di là del numero conta il senso di una presenza forte, pacifica, determinata».
Gramolati esulta. Già, Gramolati. Se non stessimo seduti sul Titanic, potremmo dire che almeno in Toscana ha lui la faccia del vincitore. Alla vigilia la Cisl aveva pronosticato una scarsa partecipazione. Così non è stato e Gramolati può esultare: «Questo non è un Paese di m…, questo è un grande Paese, con grandi lavoratori che sono la sua parte migliore. Un grande Paese merita una manovra migliore, e merita un governo che sappia dare una risposta migliore: continuiamo con la nostra lotta».
E a Boeri (vedi articolo a parte) che rimprovera la Cgil di aver fatto uno sciopero contro una manovra che non c’è, replica: «Lo abbiamo fatto proprio per dare un contributo a farla bene. A manovra fatta rischiava di essere uno sciopero sterile».
Governo a casa. In realtà le cose sono andate diversamente: mentre per tutta la giornata Piazza Affari ha segnato profondo rosso, il governo ha deciso di varare la manovra in maniera definitiva. Resta il senso di una giornata che va oltre la manovra e guarda al futuro. «La risposta di oggi, di queste piazze di tutta Italia, è chiara e netta: questo governo non risolve il problema, è il problema», ha detto Rosy Bindi, presidente del Pd, che ha raggiunto il corteo della Cgil di Firenze. Per Bindi in questo momento difficile «siamo disposti anche a fare dei sacrifici, purché questi servano, siano equi, purché l’Italia possa di nuovo guardare al futuro».
L’assenza di Renzi. E’ stato lo sciopero dei politici in piazza. In molti. Dalla Bindi al governatore Rossi. Dal sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, fischiato, a quello di Massa Roberto Pucci. Di Manciulli (segretario del Pd) a Sergio Staino, il papà di Bobo, che non poteva mancare, con i suoi occhi stralunati, smarriti e indignati. Ma è stato anche lo sciopero degli assenti (nel centrosinistra). Il più evocato e il più fischiato è stato Matteo Renzi, il sindaco che con la Cgil ha un rapporto di aperta e reciproca ostilità. «Renzi non c’è? La piazza naturalmente è libera…», ha risposto la Bindi ai giornalisti che l’hanno interpellata a proposito dell’assenza del sindaco di Firenze.
Bersani, idee e non striscioni. Pronta la replica di Renzi: «Spero che Bersani tiri fuori le idee e non solo gli striscioni. Ho rispetto per chi è sceso in piazza. Ma credo che il compito dei politici non sia quello di stare in piazza ma di risolvere i problemi: io oggi sono stato in riunione di giunta tutto il giorno per risolvere i problemi dei fiorentini».
Assenti anche la Cisl (che se l’è presa per la presenza allo sciopero di Rossi) e la Uil («iniziativa politica che non risolve i problemi»).
Un prete sul palco. Presente invece un prete. «Sono qui per unirmi alla vostra rabbia e per dire che noi italiani questa cattiveria non ce la meritiamo», ha detto riferendosi alla manovra del governo don Armando Zappolini, parroco a Perignano (Pisa) e presidente della federazione toscana delle Comunità di accoglienza, intervenuto dal palco allestito a Pisa dalla Cgil.
I numeri. E’ stata del 73%, afferma la Cgil, l’adesione allo sciopero nei settori industria, terziario e reti, mentre la percentuale di adesione nel pubblico impiego è stimata fra il 35% e il 40%.
Fra le aziende la Cgil cita, tra le altre, l’adesione dell’85% alla Lucchini, 95% alla Sammontana di Empoli, 65% a Toscana Energia, 50% nel gruppo Prada, 46,8% alla Ferragamo, 40% alla Btp, il 90% dei lavoratori della Compagnia Portuali di Livorno e quelli della Laika in Val d’Elsa, 50% alla Breda di Pistoia.

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