di Enrico Rossi
Stamani ho incontrato un amico con un nastro giallo all’occhiello. Indicandomelo mi ha detto: “Come faremmo a casa senza la nostra Dolores?“.
La sua famiglia, mi ha spiegato, sarebbe nei guai senza la badante che si prende cura del padre non autosufficiente. Senza Diawdy e Youssou sarebbero nei guai le concerie di Santa Croce, senza Andrei e Dorian i cantieri edili di Firenze, senza Florian e Bamir i vivai pistoiesi.
La giornata “senza di noi” non deve passare inosservata. Ci fa sentire in maniera diretta che senza di “loro” la nostra vita sarebbe diversa, più povera e molto più difficile. E il nostro futuro più problematico e incerto. In Toscana lavorano almeno 150.000 migranti, circa il 10% di tutti gli occupati. Lavorano ma guadagnano un quinto di meno. Lavorano, ma sono più esposti dei lavoratori italiani agli infortuni, anche a quelli mortali.
L’Irpet stima che senza di loro crollerebbero il nostro Pil (-5,7%), la spesa delle famiglie (-3,6%), le unità di lavoro (-6,2%). Ci sono interi comparti economici – concerie, vivaismo, edilizia, gli alberghi e la ristorazione – che crollerebbero come castelli di carta. E non meno di 60mila si occupano di lavoro domestico e della cura alle persone.
I cittadini stranieri che lavorano in Toscana versano allo Stato circa 915 milioni l’anno, e ricevono servizi per 372 milioni, con un saldo positivo (per lo Stato) di 543 milioni. Un contributo di 2.803 euro a testa. Più di un lavoratore italiano, che contribuisce per 100 euro in meno all’anno.
Questi lavoratori chiedono rispetto e la Toscana glielo deve. Sono persone e cittadini che hanno il diritto di essere riconosciuti come tali e di poter esprimere qui le loro potenzialità. La legge regionale per l’immigrazione va in questa direzione: afferma quello che dice la nostra Costituzione in materia di rispetto della legalità, della sicurezza e dei doveri, ma anche in tema di coesione civile, di diritti di cittadinanza e di politiche sociali. L’altro passo è il riconoscimento del diritto di voto ai cittadini stranieri dopo 5 anni di soggiorno regolare, come chiesto dalla giunta regionale in una proposta di legge per la ratifica della Convenzione di Strasburgo del 1992. Penso inoltre che sia giusto riconoscere la cittadinanza a quei bambini figli di genitori stranieri che nascono in Italia: in Toscana sono 8.000 ogni anno.
Il futuro. Questo è il punto. La volontà di costruire una Toscana aperta, capace di accogliere, di mettere a frutto le energie nuove. “L’interazione tra culture differenti, la forza degli ideali che spinsero gli immigrati a venire fin qui, le opportunità che una nuova vita schiudeva, tutto ciò ha conferito all’America un’essenza e un carattere che la rendono inconfondibile e straordinaria agli occhi della gente oggi. Il contributo degli immigrati è visibile in ogni aspetto della vita della nostra nazione: nella religione, nella politica, negli affari, nelle arti, nell’istruzione, perfino nello sport e nello spettacolo. Ovunque gli immigrati hanno arricchito e rafforzato il tessuto della vita americana”. Così diceva John F. Kennedy, in un discorso del 1957. Un pensiero straordinario e attuale, che dobbiamo far nostro, in Italia e qui in Toscana.