Il Tirreno
 
 «Bisognerebbe appaltare il governo dell’Italia alla Cina per dieci anni. Allora sì che ci sarebbe la crescita». Una provocazione quella che Riccardo Varaldo, economista di larga fama e presidente della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, ha lanciato da Viareggio, in veste di membro dell’istituto Confucio per i rapporti tra Italia e Cina.
 Professore, che cosa non va del nostro governo?
 «I tempi della politica e dell’amministrazione pubblica italiane sono inaccettabili: per uscire dalla crisi ci vogliono azioni concrete e di grande rapidità, che in Italia sembrano impossibili. La crisi ha invece messo in evidenza l’efficienza cinese, l’enorme velocità di quel paese nel decidere investimenti e poi metterli in atto. Certo è il frutto di un modello che tiene insieme socialismo e capitalismo, ma noi dovremmo trarne il meglio. Mi auguro che almeno i candidati alla presidenza della Regione capiscano la centralità di questo problema».
 La Toscana soffre moltissimo la crisi, al tempo stesso è una regione con fortissima presenza cinese. Come tenere insieme queste due condizioni?
 «La Toscana ha la più lunga tradizione in Italia di accoglienza del popolo cinese: sono almeno trent’anni che a Prato arrivano cinesi. Bisogna trasformare questa storia in un vantaggio economico per la nostra regione».
 A cosa pensa?
 «A Prato finora toscani e cinesi hanno giocato separatamente, senza integrare le loro economie. Anzi ci sono stati contrasti. Bisogna invece capire che questa mentalità è perdente, non serve a nessuno. I cinesi, quelli di Prato, hanno capito gli svantaggi del perdurare di una situazione di contrasto. Tocca a noi ora trovare una convergenza con loro».
 In che modo si può organizzare questa collaborazione tosco-cinese?
 «Gli imprenditori pratesi fanno i tessuti, quelli cinesi le confezioni. Ecco, le due attività non sono in contrasto ma complementari. Proprio questa complementarità va sfruttata. In pratica prodotti fatti da cinesi, con tessuti realizzati a Prato, potrebbero essere venduti dagli stessi cinesi nella loro patria. Così Prato, la Toscana e l’Italia potrebbero sbarcare in quello che è il mercato dominante, che traina la ripresa economica mondiale. Il sindaco di Prato viene dal mondo imprenditoriale, può capire l’importanza di questa operazione, anche il candidato Pd alle regionali Rossi guarda con occhio particolare ai cinesi in quella città».
 Collaborare con la Cina e i suoi imprenditori vorrebbe dire avere a che fare direttamente con il problema dei diritti umani negati ai lavoratori.
 «Io sono un economista, tendo ad essere pragmatico. È ovvio che a Prato, se nascesse questa collaborazione, si dovrebbe vigilare per il rispetto dei diritti umani. Però ritengo che la questione più ampia, quella del rispetto dei diritti in Cina, debba essere affrontata a livelli più alti, non possono occuparsene il Comune di Prato o la Regione».

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